La condizione di stato vegetativo rappresenta un argomento di grande rilevanza sanitaria, sociale ed etico-morale che necessita di una presa in cura centrata sulla persona e sui suoi bisogni, nonché di strutture di riferimento dedicate che, nella fase riabilitativa, devono essere funzionalmente connesse a quelle della fase acuta e al territorio. Un argomento che deve stare, anche oltre della Giornata nazionale, nell’agenda innanzitutto di noi medici che ci occupiamo di Neuroriabilitazione, dei colleghi delle specialità connesse, ma anche di tutti i livelli istituzionali che sono coinvolti nella vicenda di centinaia e centinaia di pazienti in tutta Italia, che vivono in una condizione delicatissima, assieme ai loro familiari. In questi ultimi anni, molto è stato fatto. L’impegno delle Istituzioni si è più volte indirizzato verso l’assistenza alle persone in condizione di stato vegetativo attraverso molte iniziative; in particolare, il ministero della Salute ha istituito tavoli tecnici (Commissioni tecniche) cui hanno partecipato anche esperti della materia e familiari con l’obiettivo di fornire indicazioni per garantire la coerente e integrata successione temporale dei trattamenti, in funzione sia dell’evoluzione clinica sia delle situazioni personali e ambientali. Un impegno che si è reso manifesto attraverso gli Accordi Stato-Regioni (dal 2009 al 2013), che hanno individuato tra le linee progettuali per la realizzazione del Piano sanitario nazionale la linea «Promozione di modelli organizzativi assistenziali ai pazienti in Stato vegetativo e di minima coscienza nella fase di cronicità». Queste iniziative indicano alle Regioni proposte utili ai fini di realizzare percorsi assistenziali idonei alle condizioni delle persone colpite da disabilità e delle loro famiglie. Attualmente, però, le attività realizzate dalle diverse Regioni sono spesso differenti tra di loro e sottolineano alcune criticità che devono essere risolte: oltre alla difficoltà di realizzare un modello uniforme, ripetibile, adeguato di presa in carico, su tutto il territorio nazionale, c’è la necessità di far fronte alle esigenze della popolazione locale per evitare la migrazione di pazienti anche all’estero, la possibilità di attivare modelli di formazione degli operatori e dei familiari che sappia dare validità ai processi organizzativi. Analogamente appare indispensabile una revisione dei sistemi di classificazione diagnostica e la creazione di un registro nazionale/regionale per avere una fedele fotografia e un adeguato monitoraggio della condizione di Stato vegetativo. Sebbene non sia oggi possibile parlare in assoluto di irreversibilità di questa condizione, sappiamo bene quanta cautela occorra nell’interpretare segni di miglioramento clinico e come la stabilità clinica sia già un importante progresso. Sappiamo infine che, quando la persona in stato vegetativo entra in una fase di cronicità, viene considerata persona con “gravissima disabilità”. Al pari degli altri individui con gravissime patologie croniche, anche il paziente in stato vegetativo può essere accolto a domicilio o, se questo fosse impossibile, può essere trasferito in strutture idonee a garantire un adeguato livello assistenziale. Un passaggio, questo, che rappresenta una fase molto delicata del percorso di dimissione dalle strutture riabilitative, in cui il supporto alla persona e alla famiglia deve essere garantito per il superamento del “distacco”, per gli aspetti pratici dell’assistenza, per non interrompere la possibilità di ritrovare interlocutori competenti, in un momento successivo di necessità. Un altro aspetto che non possiamo dimenticare è che il percorso di cura è lungo, complesso ed è impensabile una pianificazione dell’assistenza senza il coinvolgimento attivo e coordinato dei familiari, perché sono una risorsa, perché sono capaci di produrre una stimolazione affettiva che permette di intercettare meglio i segni di responsività, di rassicurare emozionalmente il paziente, di effettuare un monitoraggio attento di piccoli ma significativi segni di recupero, consentendo in tal modo una migliore qualità della presa in carico della persona. Le Associazioni dei familiari sono molto attive nel sostenere un dialogo con le Istituzioni e con i professionisti perché ogni persona che si trovi in questa condizione di gravissima disabilità possa avere diritto ad atteggiamenti sanitari, sociali, legali conformi alla tutela della sua salute. In ultimo ma non per ultimo, bisogna riflettere sull’importanza di fare buona formazione, perché tutti i professionisti che lavorano sui comi, sugli stati vegetativi e di minima coscienza ricevano insegnamenti sempre aggiornati che arrivano da un lavoro continuo di ricerca.
Estratto da Scritto di Caterina Pistarini Presidente della Societa Italiana di Neuroriabilitazione