ICTUS: UNA CARTA DEI DIRITTI PER TUTELARE I PAZIENTI

I numeri sono impressionanti: a livello mondiale, ogni due secondi qualcuno è vittima di un ictus, indipendentemente dall’età o dal sesso; in totale, oltre 17 milioni di persone nel mondo sono colpite da ictus ogni anno (200mila in Italia) e sei milioni sono le vite perse ogni anno per questa patologia.Statistiche, ma non solo: dietro, ci sono persone in carne e ossa, e problemi concreti e reali; molte persone colpite da ictus non sono in grado di accedere alle cure, alla riabilitazione e al sostegno che potrebbero garantire maggiori possibilità di un buon recupero funzionale e una vita più sana, più produttiva e indipendente.Per tutelarle, è nata una Carta dei Diritti della Persona Colpita da Ictus, che identifica gli aspetti della cura più importanti per tutti i pazienti colpiti da ictus e per i loro familiari, in tutto il mondo; si tratta di un documento sviluppato da un gruppo di pazienti colpiti da ictus e di loro familiari e caregiver, provenienti da tutto il mondo, che hanno completato i questionari atti a capire eventuali differenze tra paese e paese nei trattamenti, ed esigenze peculiari.
Uno strumento che può essere utilizzato per comunicare ciò che le persone colpite da ictus pensano sia più importante per il loro recupero: molti aspetti di assistenza considerati importanti per le persone colpite da ictus e inclusi in questo documento, hanno dimostrato di ridurre la mortalità e la disabilità dopo ictus.La World Stroke Organization ha lodato l’iniziativa. Già dieci anni fa nel Consensus Statement della World Stroke Organization era stato sottolineato come fosse necessario che tutti i pazienti con ictus in Europa dovessero essere ricoverati e trattati in una Stroke Unit; eppure non è ancora così per tutti, e in Italia ne mancano all’appello circa il 50% rispetto al fabbisogno territoriale.«L’ictus è la prima causa di disabilità in età adulta e può lasciare esiti neurologici come paresi di un lato del corpo, difficoltà di parola e della vista e causare l’insorgenza di epilessia e demenza vascolare» spiega Valeria Caso, Neurologa presso l’Ospedale Misericordia di Perugia e Presidente della European Stroke Organization, «eppure molti dei 200mila casi che si verificano ogni anno in Italia sarebbero prevenibili, ad esempio monitorando e tenendo sotto controllo l’ipertensione arteriosa (che è un importante fattore di rischio) e la fibrillazione atriale; moderni ed avanzati sistemi di monitoraggio del ritmo cardiaco, talmente piccoli da poter essere impiantati sotto la pelle, permettono di controllare le alterazioni del cuore e stabilire una corretta terapia anticoagulante, abbattendo così il rischio di ictus e delle sue recidive».
Lo hanno raccomandato anche i cardiologi europei nelle recentissime Linee Guida dell’European Society of Cardiology 2016, in cui è stato indicato che a seguito di un ictus criptogenico, quello di cui non è nota la causa primaria, è opportuno utilizzare un monitor cardiaco impiantabile per diagnosticare la Fibrillazione Atriale e se presente, ricorrere alla terapia con anticoagulanti orali con lo scopo di prevenire “recidive” ovvero un possibile secondo evento di ictus. Recidive che impattano pesantemente sui dati epidemiologici con circa 39mila casi l’anno pari al 20% di tutti gli ictus.

Dr  Sandro Feller

Neurologo, Neuroriabilitatore

ALZHEIMER

Malattia di Alzheimer

Il principale fattore di rischio per la malattia di Alzheimer è l ‘ eta ; questo dato si incrocia con il fatto che il Italia è il paese piu longevo d ‘Europa e tra i piu longevi nel mondo secondo solo al Giappone con aspettative di vita di quasi 80 85 anni .Nel prossimo futuro vivremo sempre di piu ma siamo destinati ad ammalarci di più di Alzheimer.
In Europa si stima che la prevalenza delle demenze cresca dall’1,6% nella classe d’età 65-69 anni al 22,1% in quella maggiore di 90 anni, per i maschi; e dall’1% al 30,8% rispettivamente per le donne. In trentino la prevalenza sarebbe di almeno 5000 casi con incidenza di circa 800 nuovi casi anno con tendenza come detto all ‘incremento .Va sin da ora precisato che i numeri esprimono meramente un ordine di grandezza mentre “il bisogno “ è molto differenziato in relazione ad età e contesto sociale e sanitario.
Attualmente al medicina tende ad affrontare le malattie secondo un modello definito bio psico sociale che considera non solo gli aspetti morbosi ( il bio ) ma anche gli effetti che generano a livello relazionale-comportamentase (livello psico ) tenendo conto del contesto ambientale in cui si generano ( livello sociale ).

Nel caso della malattia di Alzheimer causata da accumulo patologico di proteine nel cervello le cosidette “placche “ non è ancora stata trovata una cura efficace che provveda a rimuovere /sciogliere tali accumuli che danneggiano irreparabilmente le funzioni cerebrali . Il livello di terapia bio non e quindi efficace lasciando quindi spazio alle terapie non farmacologiciche che hanno soprattutto un obiettivo relazionale assistenziale ( livello psico e sociale ).Tra queste una ruolo importante riveste la musicoterapia

Nella malattia di Alzheimer le funzioni cognitive come memoria , attenzione, capacità critiche si deteriorano in modo progressivamente ma inesorabilmente crescente mentre rimangono ancora relativamente integre e funzionanti le zone che processano gli aspetti relazionali e emozionali .
Ecco quindi la possibilità di usare la musica come potente veicolo non farmacologico per calmare gli stati di agitazione modulare positivamente il tono dell umore e favorire complessivamente in modo positivo il benessere della persona facilitando il processo assistenziale degli operatori .
Nella serata del 14 marzo riferiamo appunto di come la musica possa essere un importante e qualificata terapia : lo facciamo attraverso l ‘ intervento del Pro Alfredo Raglio Neurologo e Musicoterapeuta dell Università di Pavia che illustra le basi scientifiche della Musicoterapia mentre successivamente le operatrici musicoterapiste della Apso Vannetti di Roveretoe Grazioli di Trento documenteranno la pratica delle musicoterapia nei suoi aspetti applicativi e nei suoi effetti terapeutici .
Il tutto verrà inserito in una piacevole e suggestiva cornice musicale a cura dei docenti e degli allievi della scuola musicale J. Novak e R. Zandonai
Il giorno dopo mercoledi 15 per completare il programma il coro voci bianche delle scuole musicali si esibirà nell atrio della Casa di Riposo Vannetti a Rovereto .A parte il desiderio di portare conforto e un messaggio piacevole agli anziani della nostra Comunità l ‘intento dichiarato è quello di mettere a contatto generazioni diverse per rompere l isolamento in cui possono venire a trovarsi gli ospiti residenziali.

Dott. S. Feller, neurologo, neuroriabilitatore

Bologna, 18 marzo 2017. Direttivo FNATC

Associazione Gravi Cerebrolesioni Acquisite Milano ha preso parte attivamente al Direttivo della Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico .

Bologna 18 marzo 2017

Chiedi gli Atti degli importantI contributi sviluppati nel Direttivo della Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico .

Bologna 18 marzo 2017: CAREGIVER – DdL n. 2048, 2266 e 2128
DOPO DI NOI – Legge 112/16 – DECRETO ATTUATIVO – Clicca su FOTO, Album Bologna 18 Marzo 2017

Stato vegetativo

La condizione di stato vegetativo rappresenta un argomento di grande rilevanza sanitaria, sociale ed etico-morale che necessita di una presa in cura centrata sulla persona e sui suoi bisogni, nonché di strutture di riferimento dedicate che, nella fase riabilitativa, devono essere funzionalmente connesse a quelle della fase acuta e al territorio. Un argomento che deve stare, anche oltre della Giornata nazionale, nell’agenda innanzitutto di noi medici che ci occupiamo di Neuroriabilitazione, dei colleghi delle specialità connesse, ma anche di tutti i livelli istituzionali che sono coinvolti nella vicenda di centinaia e centinaia di pazienti in tutta Italia, che vivono in una condizione delicatissima, assieme ai loro familiari. In questi ultimi anni, molto è stato fatto. L’impegno delle Istituzioni si è più volte indirizzato verso l’assistenza alle persone in condizione di stato vegetativo attraverso molte iniziative; in particolare, il ministero della Salute ha istituito tavoli tecnici (Commissioni tecniche) cui hanno partecipato anche esperti della materia e familiari con l’obiettivo di fornire indicazioni per garantire la coerente e integrata successione temporale dei trattamenti, in funzione sia dell’evoluzione clinica sia delle situazioni personali e ambientali. Un impegno che si è reso manifesto attraverso gli Accordi Stato-Regioni (dal 2009 al 2013), che hanno individuato tra le linee progettuali per la realizzazione del Piano sanitario nazionale la linea «Promozione di modelli organizzativi assistenziali ai pazienti in Stato vegetativo e di minima coscienza nella fase di cronicità». Queste iniziative indicano alle Regioni proposte utili ai fini di realizzare percorsi assistenziali idonei alle condizioni delle persone colpite da disabilità e delle loro famiglie. Attualmente, però, le attività realizzate dalle diverse Regioni sono spesso differenti tra di loro e sottolineano alcune criticità che devono essere risolte: oltre alla difficoltà di realizzare un modello uniforme, ripetibile, adeguato di presa in carico, su tutto il territorio nazionale, c’è la necessità di far fronte alle esigenze della popolazione locale per evitare la migrazione di pazienti anche all’estero, la possibilità di attivare modelli di formazione degli operatori e dei familiari che sappia dare validità ai processi organizzativi. Analogamente appare indispensabile una revisione dei sistemi di classificazione diagnostica e la creazione di un registro nazionale/regionale per avere una fedele fotografia e un adeguato monitoraggio della condizione di Stato vegetativo. Sebbene non sia oggi possibile parlare in assoluto di irreversibilità di questa condizione, sappiamo bene quanta cautela occorra nell’interpretare segni di miglioramento clinico e come la stabilità clinica sia già un importante progresso. Sappiamo infine che, quando la persona in stato vegetativo entra in una fase di cronicità, viene considerata persona con “gravissima disabilità”. Al pari degli altri individui con gravissime patologie croniche, anche il paziente in stato vegetativo può essere accolto a domicilio o, se questo fosse impossibile, può essere trasferito in strutture idonee a garantire un adeguato livello assistenziale. Un passaggio, questo, che rappresenta una fase molto delicata del percorso di dimissione dalle strutture riabilitative, in cui il supporto alla persona e alla famiglia deve essere garantito per il superamento del “distacco”, per gli aspetti pratici dell’assistenza, per non interrompere la possibilità di ritrovare interlocutori competenti, in un momento successivo di necessità. Un altro aspetto che non possiamo dimenticare è che il percorso di cura è lungo, complesso ed è impensabile una pianificazione dell’assistenza senza il coinvolgimento attivo e coordinato dei familiari, perché sono una risorsa, perché sono capaci di produrre una stimolazione affettiva che permette di intercettare meglio i segni di responsività, di rassicurare emozionalmente il paziente, di effettuare un monitoraggio attento di piccoli ma significativi segni di recupero, consentendo in tal modo una migliore qualità della presa in carico della persona. Le Associazioni dei familiari sono molto attive nel sostenere un dialogo con le Istituzioni e con i professionisti perché ogni persona che si trovi in questa condizione di gravissima disabilità possa avere diritto ad atteggiamenti sanitari, sociali, legali conformi alla tutela della sua salute. In ultimo ma non per ultimo, bisogna riflettere sull’importanza di fare buona formazione, perché tutti i professionisti che lavorano sui comi, sugli stati vegetativi e di minima coscienza ricevano insegnamenti sempre aggiornati che arrivano da un lavoro continuo di ricerca.

Estratto da Scritto di Caterina Pistarini Presidente della Societa Italiana di Neuroriabilitazione